Storie di ordinaria follia



"Conoscere il perfetto equilibrio tra solitudine e follia - lì stava il trucco, il trucco che doveva mantenerti lontano dal manicomio".

In questo periodo di emergenza è probabile che tutti noi stiamo cercando di barcamenarci tra la solitudine e la follia, alla ricerca di quel trucco che ci tenga lontani dal manicomio o, più semplicemente, da quella sensazione di impotenza, di incapacità di capire e di reagire a qualcosa che non conosciamo.

In questi momenti ci può venire in aiuto la lettura, e può essere questa l'occasione per affrontare quello che è ormai diventato un classico della letteratura americana: Storie di ordinaria follia di Charles Bukowski, una raccolta di quarantatré racconti scritti perlopiù in prima persona e dagli argomenti fortemente autobiografici.

Dire che i racconti di Bukowski parlano di sesso, di droga, di alcool, pare oggi limitativo; l'autore ormai cinquantenne racconta la propria vita sregolata, e fortemente influenzata dal suo alcolismo, attraverso numerose figure che, in maniera più o meno esplicita, sono sempre un suo alter ego, rappresentano uno tra i vari personaggi che si agitano in lui. Ma è superficiale analizzare questi racconti soltanto come uno specchio di stravizi e di vita dissoluta. Questi racconti narrano, attraverso anche un utilizzo peculiare della punteggiatura che lascia fluire il pensiero, di un male di vivere che permea l'autore e da cui lui - ne è perfettamente cosciente - non ha più la possibilità di allontanarsi. L'autore non è senza valori, non è senza morale; semplicemente decide di non assecondarli, di non andare alla ricerca di ciò che è giusto, anzi, di ignorare consapevolmente il confine tra giusto e sbagliato. Perché, in fondo, cosa è giusto? Chi lo decide?

"Io non la vedevo a questo modo. Giocherellavo con la morte da un po'. Non posso dire che fossimo amici per la pelle, ma eravamo molto in confidenza. Mi era venuta molto vicina quella notte con scatti veloci. C'erano stati dei campanelli d'allarme: dolori come di spade infilzate nello stomaco ma li avevo ignorati. Pensavo di essere un duro e il dolore per me era solo un momento di sfiga: lo ignoravo. Rovesciavo whiskey sopra il dolore e andavo avanti a farmi i fatti miei. I fatti miei corrispondevano a sbronzarmi. Tutta colpa del whiskey; avrei dovuto continuare con il vino".

Il male di vivere di Bukowski risiede nel suo occhio lucido e disincantato, capace di registrare tutte le sfaccettature delle dinamiche che lo circondano e che si agitano in lui, e di buttarle su carta come fosse niente meno che un registro, come dati di fatto che si avvicendano e rendono la sua vita "oltre", piena di un dolore silenzioso e strisciante e facile da ignorare, in cui non ci sono limiti se non quelli dettati dal momento; apparentemente non c'è etica, non c'è rispetto per le convenzioni, per le regole sociali. Più profondamente, invece, Bukowski la sua vita insulsa e difficile la ama, la ama a tal punto da metterla spesso su una bilancia insieme alla morte, e infine scegliere ancora per la vita. Eppure, in tutto il suo disincanto, l'amore è ovunque: è amore per le donne, per gli uomini, per i clochard, per gli sconosciuti, per i baristi, per chi lo tratta bene e per chi lo tratta male, per il gioco d'azzardo (in particolare per le scommesse sui cavalli), per l'alcool, per le avventure, per la scrittura. 
La particolarità di queste storie, infatti, non sta nelle parole forti o nelle immagini crude, per il sesso gettato in faccia a chi legge in maniera spudorata e sboccata, sesso che viene praticato con chiunque e in qualunque modo. L'amore di Bukowski è l'amore per una parte di umanità, quella più fragile e indifesa e povera - in cui a lui stesso piace collocarsi - che viene da sempre bistrattata dalla società, dalla letteratura, dal bel mondo. E' rivolgersi al sottosuolo silenzioso che tutti ignorano e che quando l'autore scrive, nel 1972, vuole che finalmente emerga e si faccia sentire, ma attraverso il suo linguaggio, quello "sporco" che ad esso appartiene. Non vuole abbellire, Bukowski, non vuole indorare la pillola: vuole dar voce al "suo" popolo di spettri in carne e ossa, e vuol far parlare i fantasmi che infestano le sue notti e i suoi giorni, i suoi timori e la sua incapacità di adattarsi a un mondo che non sente in alcun modo adattabile a se stesso. Tutto questo, però, lo vuole fare lucidamente.

"quelle sono le stesse persone che dopo le corse si infilano nelle loro vecchie auto, ritornano alle loro stanze solitarie a fissare i muri. a chiedersi perché l'hanno fatto - scarpe consumate, denti marci, ulcere, lavori del cazzo, uomini senza donne, donne senza uomini, nient'altro che merda".

Questo libro è una lettura particolare, forte e a tratti non piacevole, probabilmente non educativa. Ma importante per avere un panorama più completo della società del periodo in cui Bukowski scrive, per provare a dare un altro significato a tabù e abitudini, per dare valore alla vita quotidiana.
Cosa che, soprattutto in questo momento particolare, di stop, di fermo forzato, di preoccupazione, potrebbe aiutare tutti noi.  




Charles Bukowski - Storie di ordinaria follia. Erezioni Eiaculazioni Esibizioni
Feltrinelli Universale Economica, € 10,00.

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Buona lettura!

(A cura di L.M.)

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